Riconoscimento facciale: sperimentato nuovo software per individuare ladri e soggetti pericolosi

di Rossella Bucca e Alice Dal Bello

Per prevenire i furti e limitare le aggressioni ai danni del personale, la catena di supermercati britannica Asda ha avviato la sperimentazione dell’utilizzo di un sistema di riconoscimento facciale per la durata di due mesi. Il progetto, attivato in cinque punti vendita, mira a identificare individui già noti per reati come furti e altre fattispecie criminose, attraverso un sistema di riconoscimento biometrico.

 

L’iniziativa nasce a seguito di dati allarmanti: solo lo scorso anno, la catena di supermercati Asda ha registrato oltre 1.400 aggressioni ai propri dipendenti. Il software impiegato confronta le immagini dei volti dei clienti con un database di soggetti segnalati per precedenti condotte illecite. Da questo punto di vista, l’impiego dei dati biometrici risulta particolarmente efficace grazie alle caratteristiche intrinseche che li contraddistinguono:

  1. i) univocità, intesa come capacità di identificare, per l’appunto, in maniera univoca, ogni individuo, perché i dati sono strettamente e unicamente associati alla persona a cui appartengono;
  2. ii) universalità, poiché ogni essere umano possiede dati biometrici utilizzabili ai fini identificativi;

iii) stabilità temporale, intesa come tendenza alla permanenza nel tempo, pur con la consapevolezza che tali dati possono subire alterazioni dovute a fenomeni naturali, eventi accidentali o lesioni, compromettendo così l’efficacia dei sistemi di riconoscimento.

Tuttavia, la raccolta e l’analisi di una quantità così importante di dati personali pone diverse questioni quali la liceità del trattamento e la conservazione dei dati personali. Riguardo a quest’ultimo profilo, il software di sperimentazione valuta la corrispondenza e, qualora non vi fosse, le immagini e i dati raccolti vengono eliminati immediatamente in via definitiva.

Il sistema promette un’accuratezza di riconoscimento del 99,992%, e, se adottato su larga scala, potrebbe contribuire in modo significativo alla riduzione delle circa 2.000 aggressioni giornaliere che si verificano nel settore della grande distribuzione nel Regno Unito.

L’impiego di tecnologie così invasive solleva rilevanti interrogativi circa il bilanciamento dei diritti fondamentali in gioco. Si teme che alcuni soggetti che abbiano commessi i reati indicati come ricompresi nella sperimentazione possano essere penalizzate, venendo di fatto escluse dall’accesso a beni essenziali. L’importanza di valutare l’impatto delle misure di sorveglianza sui diritti fondamentali è stata sottolineata anche dall’European Data Protection Board nelle linee guida n. 3 del 12 luglio 2019, nel quale si afferma che “è fondamentale che il ricorso a tali tecnologie avvenga nel rispetto dei principi di legittimità, necessità, proporzionalità e minimizzazione dei dati, […] i titolari del trattamento dovrebbero, in primo luogo, valutare l’impatto sulle libertà e sui diritti fondamentali degli interessati e considerare l’adozione di soluzioni meno invasive per perseguire il legittimo scopo del trattamento, ferma restando la necessità di adottare le misure necessarie – tecniche ed organizzative – per tutte le operazioni di trattamento dei dati, dalla raccolta alla conservazione”.