Quando Cassandra entra nel  mondo giuridico: la giustizia predittiva dal calcolo alla misurazione dei casi pratici  

di Irene Coppola

ABSTRACT: Il protagonismo del giurista diventa oggetto di discussione vivace nell’area della (in) giustizia  governata dalla intelligenza artificiale.. La giustizia ha bisogno di “scambi” per evitare che diventi solo numero considerato che si fonda su valori non misurabili: i supporti sono ben accetti, ma non sono fonti.  L’interpretazione rappresenta il cuore pulsante dell’applicazione effettiva del diritto positivo.

SOMMARIO: 1. Introduzione;  2. Dati e numeri  nella  circolarità  degli  indirizzi  e nell’approccio ad un nuovo  metodo; 3.  Il calcolo nelle decisioni della giustizia prevedibile;  4. Osservazioni conclusive

 

  1. Introduzione
  2. Un tempo vi era una netta linea di confine tra gli studi umanistici e quelli che, propriamente o impropriamente, venivano apostrofati studi scientifici per intendere, a titolo esemplificativo, gli studi in  matematica, informatica,  ingegneria, chimica o medicina.

Gli studi giuridici rappresentavano l’ambito umanistico per eccellenza forse proprio perché al centro vi era  (e  vi è) il profilo antropologico, l’uomo e le sue posizioni giuridiche attive o passive.

I tempi cambiano, sono cambiati e cambieranno e l’impatto della tecnologia  attuale sulla vita umana ha spostato il centro leonardiano dell’uomo vitruviano.[1]

Se osserviamo la giornata di un uomo qualunque, oggi, la troviamo molto diversa da quella descritta da Natalino Irti nel saggio, a me tanto caro, relativo a < scambi senza accordi>[2]   in relazione ai contratti che nella giornata di un qualunque essere vivente risultavano essere stipulati  “senza scambio di parola umana”  nei centri di distribuzione alimentare, attraverso  l’esposizione- proposta negoziale- della merce negli scaffali, seguita  dall’accettazione-  muta – del consumatore che  “prendeva e prende” materialmente  il bene, in perfetto silenzio, negli appositi  espositori.

Sin da allora, (all’incirca oltre trenta anni fa) il rapporto tra i contraenti si avviava verso un cambiamento radicale ed assumeva  forme  ed approcci diversi da quello tradizionale derivante  dall’incontro personale e dalla scambio di parole.

Con un volo pindarico (ma non tanto) nel rapporto tra  cittadino e giustizia, o organo deputato a distribuire giustizia,  si assiste ad  una situazione analoga.

Il cittadino che chiede ” giustizia” a ben vedere si lega ad un rapporto contrattuale duplice; da un lato il rapporto tra cliente ed avvocato; dall’altro il rapporto di contatto, mediato, tra cittadino e organo giudiziario che rappresenta lo Stato; questo rapporto, dalla caratteristica di relazione personale, sta, via via, perdendo la sua giusta connotazione naturale avviandosi verso una relazione informatica-tecnologica che riguarda tutti e tre i soggetti: civis, avvocato, magistrato.

In altri termini,  a voler ripetere, seppur  in  modo  certamente impreciso, l’incipit illuminato di Irti  nella trasposizione della giornata dell’uomo qualunque trascorsa nel quotidiano  a quella trascorsa negli uffici giudiziari, emerge prepotente la realtà  verso la citata spersonalizzazione  nel rapporto tra cittadino e giustizia che si avvia  alla neutralizzazione  della  connessione fisica tra utenza ed organo.

Una volta ( non tanto lontano dai giorni nostri), la parte – accompagnata dall’avvocato- si  recava  in Tribunale per ascoltare  ed, in un certo senso, presidiare la sua causa promossa con tanta aspirazione, con malcelato convincimento, nella reciproca, quanto indubbia, quasi -certezza che ognuno (tra le contrapposte parti) potesse  avere ragione (ma la ragione o la vittoria stanno sempre da una parte sola); attendeva per ore  pur di seguire l’udienza; ascoltava il suo avvocato parlare con il magistrato; udiva le parole dell’autorità  magari  inclini a suggestioni conciliative della lite;  in altri termini, il civis  maturava una contezza tangibile degli uffici giudiziari seppur di pari passo con le criticità in essi presenti; ma si tornava a casa con la sensazione (buona o cattiva) di avere segnato una tessera ulteriore nell’infinito puzzle dell’iter processuale.

Di certo sono note le criticità legate alle lungaggini processuali,  al carico di lavoro, alle decisioni procrastinate nel tempo, alle disparità di pronunce; censure tanto evidenti e manifeste che l’ingresso dell’intelligenza artificiale nel mondo degli affari di giustizia e nel  giuridico, in genere,  viene accolto con un entusiasmo inusitato, forse proprio perché si avverte più che mai, attualmente, visto lo stato dell’arte, l’esigenza di affermare il valore della credibilità  del modulo giuridico in uno  con l’esigenza di armonizzazione che investe l’intero quadro del diritto  positivo pronunciato ed applicato, al fine di evitare discrepanze e differenza a detrimento della certezza e della conseguente plausibilità della community, esigenza ben evincibile dal dato positivo di cui all’ rt.47 quater dell’ordinamento giudiziario.[3]

Ed allora la tecnologia si cala sulla scena come il deus ex machina del teatro greco- romano:  il dio che parla o appare da una “macchina” calato sul palco mediante un apposito attrezzo, chiamato a   risolvere intrecci e complicazioni per avviare verso l’epilogo la narrazione. Allo stesso modo  la tecnologia intelligente interviene (o dovrebbe intervenire) a risolvere situazioni difficili, interpretata e letta come  ” sistema”- quantomeno auspicabile- di soluzione dei molti problemi di giustizia: i ruoli degli operatori mutano: non più solo elementi giuridici, ma elementi informatici e matematici.

Di qui il giurista si avvia e si forma sulle nuove tecniche del linguaggio informatico, del processo telematico, delle notifiche elettroniche,  della firma digitale, dei software di apprendimento.

Addio alle carte, ai faldoni più o meno obesi  e  gonfi  in ragione degli anni e dei gradi di giudizio, alle udienze in presenza;  si apre al  processo telematico, alle udienze telematiche,  alle notifiche elettroniche, ai provvedimenti notificati  a mezzo pec.

Ed il cittadino si adegua.

Ma tanto non basta: arriva l’intelligenza artificiale sotto forma di giustizia  predittiva.

 

 

  1. Dati e numeri nella  circolarità  degli  indirizzi  e nell’approccio ad un nuovo  metodo

L’intelligenza artificiale non va ricercata, sempre aliunde nel senso di andare oltre i confini del nostro Paese al fine si stabilirne implementazioni e sviluppi pratici.

Difatti, non  può trascurasi che i numeri e i dati entrano a far parte della giustizia italiana, in modo piuttosto  incisivo,  con l’istituzione del Ced della Cassazione, anche se non si configura, nella sostanza, alcuna predizione, ma un nuovo ed utile approccio verso la misurazione di elementi suscettivi di essere tradotti numericamente per consentire più agili attività.

Il Centro elettronico di documentazione (Ced) della Corte Suprema di Cassazione è stato costituito tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta del secolo scorso.

La sua estensione è amplissima atteso che contiene archivi mediante i quali è possibile effettuare ampia ed esaustiva ricerca, oltre che giurisprudenziale, anche legislativa e dottrinale senza trascurare  la normativa regolamentare, le circolari ministeriali, i contratti collettivi, le ordinanze e i regolamenti comunali e di altri enti.

Tra gli anni Sessanta e Settanta, il Centro prese ad organizzare, in modo automatizzato (mediante tecniche di information retrieval), le massime della Suprema Corte, in particolare,  e i documenti giuridici, in generale, dando vita al sistema Italgiure Find. La prima dimostrazione pubblica delle potenzialità del computer del centro fu data il 21 marzo 1969; il nuovo calcolatore entrò in funzione il 1° ottobre 1969 e i primi collegamenti con alcuni uffici  giudiziari risalgono al 1973. Italgiure è stata una delle prime, se non la prima, banca dati della giurisprudenza di legittimità a livello internazionale e rappresenta, senza tema di smentite, il paradigma cui si sono ispirati  le esperienze  successive.[4]

Innegabile il giro di boa verso un sistema definibile elettronico che, oggettivamente, segna l’avvio  per un nuovo tipo di giustizia,  non più dispersa tra i corridoi degli uffici giudiziari, ma  raccolta e racchiusa in banche dati (database) con grandi numeri- circa le pronunce di legittimità- volti a segnare e a condurre tutti gli operatori del settore verso un apparato ordinato di orientamenti ed interpretazioni.

In altre parole, si è di fronte al primo importante impianto di raccolta dati che segna il tracciato per l’introduzione dell’intelligenza artificiale nel mondo giuridico.[5]

Una criticità emerge, però,  in relazione alla giurisprudenza di merito, atteso che essa non risulta contenuta ed ordinata, in modo da coglierne i salienti aspetti,  in  apposite  banche dati, se  non nella misura di piccoli esperimenti senza sviluppi particolari verso dinamiche di consultazione e fruizione collettiva presso sparuti uffici giudiziari  ad opera soprattutto dei Consigli degli Ordini[6].

Dalla giustizia in dati verso la giustizia espressa in numeri (formulazione ed evoluzione delle tabelle  ai fini del calcolo del risarcimento danni) il passo è stato breve: ingresso a pieno titoli dei numeri e della tecnica per  una sorta e forse atecnica  misurazione del diritto.

Non a caso le tabelle del Tribunale di Milano o le tabelle del Tribunale di Roma, in tema di  quantificazione del danno, appaiono soluzioni accettate ed utilizzate con soddisfazione dagli operatori in un settore che presentava un severo vuoto e molto lavoro è stato fatto –  spesso sotto traccia- per favorire il giurista.[7]

La trasformazione in componenti numerici dei concetti giuridici (espressi per oltre due millenni attraverso semplici  <<aggettivazioni>>)  è una attività culturale nuova,  che va favorita e promossa, anche se solo  nella misura in cui risulti perfettamente compatibile con il sistema.[8]

Come ricorda Daietti, Galileo Galilei, il padre del moderno metodo scientifico, riteneva che l’intero universo fosse rappresentabile attraverso la matematica. Una tale visione implicava lo sviluppo di tecniche di «misurazione» delle entità e delle quantità in gioco; egli  suggeriva di esprimere qualsiasi concetto di base attraverso i numeri[9]

Ed allora  la linea di confine tra studi giuridici e studi matematici e/o informatici diventa labile: le discipline si intersecano rendendo praticamente inutile e di certo superato il risalente distinguo di cui si è fanno cenno nell’introduzione di questo scritto; in definitiva, muta la formazione ed il ruolo del giurista  che inserisce alcune delle tecniche che provengono dal repertorio della disciplina   informatica e matematica nel proprio armamentario.

Ma  l’approccio  numerico,  di per sé,  può costituire un nuovo metodo per  trovare soluzioni al problema giustizia? E’ una domanda complicata, come appare complicata la risposta.

Il diritto è storicamente inquadrato tra le arti liberali del «trivio» (grammatica, retorica e dialettica), contrapposte a quelle misurabili del «quadrivio» (aritmetica, geometria, musica e astronomia); costruire una scala di misurazione in un settore non fisicamente misurabile è operazione complessa e impegnativa.[10]

Anzi potrebbe ben essere operazione inattuabile.

 

  1. Il calcolo nelle decisioni della  giustizia  prevedibile

Pur tuttavia nuovi concetti penetrano  l’ambito giuridico: calcolo e predittività, seppur con colori diversi.

Il calcolo attiene al criterio numerico dei dati, o meglio dei big dati ed afferisce, semmai, all’introduzione di tabelle di misurazione; la predittività afferisce piuttosto al profilo degli effetti in termini probabilistici (misurazione della percentuale in  possibilità,in probabilità o in certezza) dei risultati applicativi dell’intelligenza artificiale.

Il dibattito diventa complesso quando ci si sposta in un’area più delicata che non sia soltanto quella di interesse verso  un supporto  informatico  circa l’attività a svolgersi, ma che occupi  e si estenda anche  a  sviluppi ulteriori impegnandosi in vicende implicanti vere e proprie sostituzioni dell’attività umana.

Secondo la definizione che ne fornisce Antoine Garapon «la giustizia predittiva è ancora allo stato di progetto», ossia è in una fase embriona­le in cui si inizia a verificare sul campo la possibili­tà di tecnologie applicate a ambiti di tipo giuridico, giurisprudenziale o giudiziario.

Si sa bene ( o non è dato ben a comprendere)  che trattasi di algoritmi che hanno  contenuti decisionali, testi di sentenze, decreti, atti del giudice in genere, banche dati giurisprudenziali,  strutturati verso  un risultato  di “probabilità”; essa ha la funzione di de­scrivere  un ventaglio di opzioni  sia con finalità di carattere analitico/induttivo, sia con finalità prospettico-predittivo.

In altri termini, si tratta di individuare l’orientamento del ragionamen­to giudiziario e  la predizione sarà focale e non puntuale.[11]

Daietti precisa che “Il termine «predittività» si differenzia dalla semplice «previsione»; quest’ultima è un’attività individuale collegata all’attività della mente umana; la predittività è, invece, un prodotto di un’attività automatizzata correlata a sistemi informatici.”[12]

Tale impostazione sembra poter essere condivisa, anche se  il termine predittivo è ampio ed inclusivo e  sta a significare  tutto ciò che è  in grado di consentire anticipazioni e previsioni, senza operare il distinguo tra soggetto e /o la macchina. [13]

Quello che va precisato e che non appare condivisibile a tutto tondo è piuttosto una sorta di commistione tra il concetto di giustizia predittiva (espressa in termini per lo più probabilistici di determinati obiettivi o risultati) e quello di giustizia calcolata- espressa in cifre numeriche per attestare il quantum risarcibile-  per come precisato nell’incipit di questo paragrafo; magari nella pratica può esserci confusione, ma in astratto, nell’approccio teorico e dottrinale proprio dello studioso del diritto, appare indispensabile segnare il confine, labile o meno, tra i due  enunciati concetti.

Ad ogni buon conto,  la stessa nozione di predittività è stata utilizzata nelle scienze giuridiche con varie accezioni (in senso allargato e improprio): a) come modalità per analizzare automaticamente i «precedenti » giurisprudenziali e tentare di valutarne le frequenze applicative; b) come costruzione di una ricostruzione c.d. modellistica degli istituti legali (con utilizzazione di simboli e rappresentazioni grafiche) per favorirne l’applicazione coerente e strutturata; c) come modalità di ristrutturazione degli istituti giuridici attribuendo alle loro «proprietà» dei «valori» (articolati in scale di graduazione numeriche) che permettano di poterne effettuare una «calcolabilità» (ogni «misura» deve essere espressa in numeri).[14]

Non vi sono dubbi che una più intensa diffusione delle tecnologie possa, se adeguatamente governata e se accompagnata da misure di carattere professionale e formativo, coa­diuvare le politiche di miglioramento della efficienza  per l’attività   di giustizia.

E chi scrive è certamente a favore della tecnologia intesa come supporto all’attività umana; tecnologia che sarebbe stata cosa buona e giusta in costanza di Covid- 19, in special modo in ambito testamentario per supportare e custodire la volontà ultima  del  testatore.[15]

Non si può , però, generalizzare e forse – non è un azzardo affermarlo- non si deve.

Il problema dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nel mondo giuridico va analizzato in ragione degli interessi, del tipo di attività a svolgersi e della prospettiva argomentativa del singolo caso; sta di fatto che il mondo giuridico appare governato, in misura diversa (non diciamo più o meno) da una componente indispensabile: la capacità di ragionamento, il prudente apprezzamento del fatto storico, la motivazione degli atti giuridici e la sensibilità dell’operatore che non dovrebbe standardizzare in astratto, ma ha il compito e l’obbligo di iuris  dicere e, pertanto, di  procedere come un sarto  a ritagliare l’abito più giusto al  fatto storico.

Senza sottacere che, quando vi sono elementi per così dire variabili, ancor più il problema appare in tutta la sua complessità e va affrontato in modo settoriale.

Ciò nonostante  vanno accolte, con lo spirito  preannunciato,  nuove  tecnologiche soluzioni che, in aggiunta ad uno studio anche sul metodo processuale e sulla formazione del capitale umano, possano accelerare le risposte giustiziali,  se possibile ed in quanto possibile,  per essere più che noto che uno dei mali della giustizia è rappresentato dalla maglia nera in termini di tempi, di decisioni e di chiusura dei processi, nonostante  interventi di mediazione, ovvero di  negoziazione assistita, il cui fine deflattivo non sempre appare prioritario rispetto agli obiettivi (ir)raggiunti.

Ed indubbi risultati si sono avuti con la impropria misurazione del danno risarcibile in valori percentuali, ma, come ripetuto, non è questa l’idea sostanzialmente tecnica di giustizia predettiva, in quanto trattasi di  introduzione di un sistema metrico nella giustizia, concetto ben diverso da quello di probabilità di soluzioni o  di risposte in termini di risultato.

Tornando in medias res dell’investigazione, discende che il  profilo  ad esaminarsi  può tradursi in questa breve proposizione: Tecnologia= qualità della giustizia?

Un chiarimento subito: soffermandoci sul concetto di predizione- atteso che, come detto, la giustizia in calcolo numerico, come ad esempio le tabelle risarcitorie  del danno,  trova  soddisfazione da tempo collaudata, anche se non sono tabelle legali- va affermato, senza tema di ragionevoli smentite, che  essa serve  come supporto, come trend al giudice e come trend all’avvocato e quest’ultimo magari  deciderà se coltivare o non coltivare il giudizio nella prospettica (possibile, probabile o certa?) soluzione.[16]

Ora se la giustizia=tecnologia=qualità, è sulla qualità che bisogna puntare per evitare che la diffusione standardizzata diventi diffusione di ulteriore ragioni di conflitto.

Non può evitarsi  la considerazione ulteriore se la predizione di una macchina possa essere  una forma di giustizia e  di qualità.

A tal proposito necessita una chiosa: non è soltanto un problema di dati, di numero di dati, di casi pratici esaminati, di controllo, di certificazioni sui grandi numeri, circostanze certamente fondamentali nell’esercizio dell’intelligenza artificiale, ma  c’è molto di più:  é un problema di grado di affidamento derivante dalla giustizia predittiva, atteso che non è dato comprendere  fino a che punto riuscirà, se riuscirà,  ad evitare disparità di trattamento determinando piena soddisfazione all’ esigenza primaria  (o principio ) dell’armonizzazione del diritto?

In più.

Chi e come dovrà utilizzare l’intelligenza artificiale predittiva in ambito giuridico?

Allo stato dell’arte ci sono ben poche certezze e ben poche risposte. Ed allora  questa indagine volutamente  si  focalizza entro un confine ben preciso, in ordine alla fruizione dei cosiddetti sistemi intelligenti.

I dibattiti della dottrina circa la criticità degli inserimenti dei dati e circa l’assenza di  un controllo  sono  noti; [17]quello che, invece, sembra essere trascurato è l’ulteriore aspetto legato alla fruizione della giustizia predittiva: chi è  e chi sarà il fruitore della giustizia in termini probabilistici?

Non vi è nessun elemento, né sembra esserci – nonostante la ricerca-  un dibattito sul profilo; allora occorrono delle precisazioni.

L’argomento non è risolvibile con una risposta unica e secca, perché il campo giuridico richiede molti protagonisti sulla scena di un teatro drammatico in cui la rappresentazione si sviluppa attraverso una serie di sequenze che lasciano, a mano a mano, intravedere l’epilogo.

In campo giuridico si è sempre rivolto l’attenzione al terzo super partes: il giudice; eppure il giudice non è il protagonista sostanziale del processo; i protagonisti sono le parti, catturate dall’incaglio processuale, in attesa del loro destino giuridico e l’avvocato, che conosce le istruzioni del gioco e cerca di  fare  scacco  matto;  il giudice, ergo, raccoglie  la partita giocata da altri.

Eppure l’algoritmo della giustizia predittiva contenuto in un software-  che  pericolosamente potrebbe avere esposizioni nella community di internet- google che ci ha (mal) abituati  a fruizioni atecniche di software free come ad es. quello del calcolo dell’assegno di mantenimento nella patologia del coniugio –  non deve (o non dovrebbe) essere consultato dalle parti, pur protagoniste della scena, ma dal giudice o dall’avvocato in quanto soggetti tecnici:  per le parti i rischierebbe una sorta di diritto fai da te  senza alcun controllo critico dei risultati perché resi in assenza di addetti ai lavori.

Ed è questo un pericolo da evitare.

Ma non basta.

Anche per il giudice e per lo stesso avvocato potrebbero consolidarsi insidie metodologiche e di percorso  tali da creare insane dipendenze tecnologiche.

Per il giudice  l’intelligenza artificiale dovrà essere un riferimento relativo in armonia con le varie pronunce, filtrato attraverso il suo sapere; per l’avvocato sarà parimenti un riferimento che servirà per esporre, dopo aver deliberato il suo prezioso parere sulla faccenda o meglio sul caso concreto, le tendenze degli uffici giudiziari al solo scopo di cercare, una volta e per tutte, la composizione della lite che dovrebbe  avvenire all’interno degli studi legali.

A.I. come supporto, dunque, per la conciliazione e  per la valutazione delle opposte e reciproche  richieste; quello che deve evitarsi è l’effetto tossico che già da tempo si registra nella cattiva consultazione di  internet.

In altre, parole, Internet non è una fonte; ed allo stesso modo non potrà essere fonte il sistema di giustizia predittiva.

Le fonti del diritto sono note e trovano cittadinanza nei luoghi deputati; si ricercano nelle biblioteche, come pure il diritto si esprime negli studi degli avvocati o nelle sapienti aule di giudici capaci.

Almeno per il momento.

 

  1. Osservazioni conclusive

“Anche da giovane non riuscivo a condividere l’opinione che, se la conoscenza è pericolosa, la soluzione ideale risiede nell’ignoranza. Mi è sempre parso, invece, che la risposta autentica a questo problema stia nella saggezza. Non è saggio rifiutarsi di affrontare il pericolo, anche se bisogna farlo con la dovuta cautela. Dopotutto, è questo il senso della sfida posta all’uomo fin da quando un gruppo di primati si evolse nella nostra specie. Qualsiasi innovazione tecnologica può essere pericolosa: il fuoco lo è stato fin dal principio, e il linguaggio ancor di più; si può dire che entrambi siano ancora pericolosi al giorno d’oggi, ma nessun uomo potrebbe dirsi tale senza il fuoco e senza la parola”(Asimov, 1995).

Così, dieci anni prima che Turing elaborasse il concetto di macchine intelligenti, esattamente nel 1940, Asimov aveva pubblicato, sulla rivista Super Science Stories, il suo primo racconto, dal titolo Robbie, con protagonista un robot positronico.[18]. Questo sarà l’incipit di una lunga serie di racconti e darà modo ad Asimov di introdurre le sue leggi della robotica: visioni di macchine che possono essere “domate” dall’uomo, e che anzi divengono una risorsa indispensabile per garantire non solo la sopravvivenza della specie umana, ma in molti casi anche il rispetto delle norme umane di convivenza. [19]

Ed è in questo contesto che si inserisce la nostra indagine.

L’intelligenza artificiale predittiva, appare essere pericolosa, come per Asimov lo è qualsiasi innovazione,  ma al tempo stesso nessuno si sente di allontanarsi da essa; di certo potrebbe rivelarsi innovazione utile ed avere un suo ambito come  supporto all’attività legale[20]; ma non è, sicuramente, un valore giuridico, quanto piuttosto un dato algoritmico, senza pretesa di  compiutezza e  senza dignità di sensibilità giuridica che, il più delle volte si riferisce a massime scollate dalle motivazioni manifeste nella interezza concreta e sostanziale del provvedimento di giustizia e che, quindi, possono essere contaminate da errori o da incompiutezza di ragionamento logico-giuridico.

In  definitiva, lungi dall’essere configurata come fonte del diritto,  essa aiuta ( o potrebbe aiutare), ma di certo non sostituisce l’operatore umano e  va, in ogni caso, interpretata come andavano interpretate Cassandra e  Pizia al fine di perseguire il solo unico obiettivo: creare una giustizia certa, uguale  e armonica.[21]

Interpretata, ecco la sostanza attuale della predizione in ambito giuridico: una attività ermeneutica nuova ed attenta intesa a velocizzare gli indirizzi e le decisioni, nella necessaria armonizzazione con i principi  per  il raggiungimento ( o meglio la realizzazione) dei nobili  fini  di certezza e di credibilità.[22]

Allo stato dell’arte, ergo, dato imprescindibile continua ad essere  l’intelligenza umana e la  figura del giurista-interprete (l’interpretazione può essere convertita in  simboli numerici?), perché non  sembra  ancora pensabile ( e forse non lo sarà)  una   giustizia < senza scambi> ovvero una giustizia meccanica; ed allora  trova sempre  spazio  una  giustizia  sensibile, perché l’esegesi del sostantivo sentenza trova le sue radici nel latino sentio (sentire) e, per questo, idealmente ed ideologicamente, quanto più possibile vicina-  e tecnicamente mediata- all’uomo qualunque di Natalino Irti.

[1] Per una attenta lettura sulla tematica: I. Asimov, Il codice genetico, Torino, 1984; I. Asimov, Parola chiave in Testi e noteUrania, n. 697 e 699, Milano, 1976; I. Asimov, I robot dell’alba,Milano, 1995; I. Asimov, L’ultima domanda in Il meglio di Asimov, Milano, 1995; I. Asimov, Visioni di robot, il Saggiatore, Milano, 2019; I. Asimov, Robert Silverberg, Robot NDR-113, Bompiani, 1992; R. Kurzweil, The Age of Intelligent Machines, Mit Press, Cambridge Mass. 1990; R. Kurzweil, La singolarità è vicina, Apogeo Education, 2008; J. Randolph Lucas, Minds, Machines and GödelPhilosophy, vol. 36, 1961; J. McCarthy, Marvin Minsky, Nathaniel Rochester e Claude Shannon, A Proposal for the Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence, agosto 1955; .J.  R. Searle, La mente è un programma?, in Le scienze, n. 259, Roma, 1990; A. Mathison Turing, Computing machinery and intelligence, Mind, vol. 59 n. 236, ottobre 1950; J. Weizenbaum, Il potere del computer e la ragione umana. I limiti dell’intelligenza artificiale, Torino, 1987.

[2] N. IRTI,  Scambi  senza  accordi, in Riv. di  dir. e proc. civ. n. 1/ 1998, pp. 347-364

[3]

[4]G. CORASANITI,  Renato . Borruso. Una vita per l’innovazione del diritto, in, i-lex.  Rivista di Scienze Giuridiche.  Scienze Cognitive e Intelligenza Artificiale, Bologna, vol. 15 n. 1, 2022,,  pp.  16–23.

  1. BORRUSO, L’informatica per il giurista– I edizione, con C.Tiberi, Milano Giuffrè 1990 e riedizione L’informatica per il giurista: dal bit a internet–sempre curata con C.Tiberi, Milano Giuffrè 2001 ,ma anche e soprattutto si veda R. Borruso Digitantibus succurrunt jura, Roma Kronos editore, 1991 nel quale Borruso rilegge poi in senso innovativo l’antico precetto Vigilantibus non dormientibus iura succurruntin un lungo dialogo figurato con l’operatore medio alla ricerca di un precedente giurisprudenziale che possa servirgli.

Risale al 1978 il primo grande congresso mondiale organizzato proprio dal C.E.D. dal titolo “L’informatica giuridica al servizio del Paese”

[5] R. BORRUSO,  Computer e diritto, tomo II,Problemi giuridici dell’informatica, Milano, 1988 p. 475:  l “sapiente” uso del computer e quindi la cultura digitale – concludeva– si dimostra perciò essenziale per “rimettere in movimento”la stessa scienza del diritto, nei suoi impianti istituzionali e persino nella ridefinizione di concetti tradizionali ed assestati, con una forte attenzione e primaria alla funzione formativa del diritto inteso nel senso vivo di educazione alla legalità,destinato a regolare tanto il funzionamento delle istituzioni ma soprattutto i rapporti tra cittadini”.

[6] In relazione all’ Ordine degli avvocati di Nocera Inferiore si registra  l’esperienza del  massimario di merito purtroppo interrotta.

[7] Il Tribunale di Milano ha realizzato le nuove tabelle a punti nel giugno del 2022 (14). La Corte di cassazione, con la sentenza «Scoditti» (Cass.21 aprile 2021, n. 10579, Foro it., 2021, I, 2017) ha inaugurato un nuovo percorso interpretativo criticando il metodo «a forbice» inadeguato e indeterminato.

[8] L’aspirazione a un diritto calcolabile è stata propugnata da Leibniz (7), Bacone e Max Weber  e, in epoca contemporanea, da Loevinger (giurimetria). Tra i grandi giuristi contemporanei italiani che ne hanno recentemente affrontato le problematiche vanno annoverati Natalino Irti  e Roberto Pardolesi .N. IRTI, Il tessitore di Goethe (per la decisione robotica), in Riv. dir. proc., 2018, 1177;G. DAJETTI, Le tabelle a punti del danno da morte: una predittività ( finalmente concreta), misurata e realizzata da giuristi, in Foro it.  n. 10 del 2022, p. 284 e ss.

[9]G. DAIETTI, Le tabelle a punti del danno da morte: una predittività ( finalmente concreta), misurata e realizzata da giuristi, in Foro it.  n. 10 del 2022, p. 284 e ss.

[10] La più nota metodologia di creazione di scale di misura in materie non «fisiche» (con dati c.d. qualitativi) è quella ideata da Stanley Smith Stevens (psicologo statunitense, 1946). Senza entrare in dettagli tecnici ci basta sapere che sono state classificate (12) quattro tipi di scale: 1) nomina le; 2) ordinale; 3) a intervalli equivalenti; 4) a rapporti equivalenti.

[11] L’esperienza Olandese  e l’esperienza Francese; per l’Olanda  è uno dei primi paesi che ha avviato un programma di digitalizzazione in campo giuridico: Rechtwijzer nasce da una elaborazione della

università di Twente e di Hiil (Hague Institute for the Internationalisation of the Law), una piattaforma di

consulenza presente a livello internazionale nelle politiche di promozione dello stato di diritto ed avente

sede a L’Aja. In Francia Il dibattito istituzionale francese sul rapporto fra tecnologie e settore della giustizia ha assunto una dimensione nazionale e sistemica a valle della adozione della «loi 2016-1321» avvenuta il 7 ottobre 2016, la cosiddetta «legge per la Repubblica digitale» («loi pour une République numérique»). Fra le disposizioni previste dalla norma di legge l’accesso alle banche dati dell’open government fra cui anche i dati aggregati  sulle controversie e i procedimenti giudiziari, la elaborazione di algoritmi che rendano possibile l’utilizzo delle banche dati in una prospettiva diagnostica dei bisogni del Paese in termini di servizi pubblici e la strategia di trasparenza verso cittadini e stakeholders delle procedure che governano decisioni in materia di cyber-security e di cyber-justice. Demander Justice.

[12] G. DAIETTI, Le tabelle a punti del danno da morte: una predittività ( finalmente concreta), misurata e realizzata da giuristi, in Foro it.  n. 10 del 2022, p. 284 e ss.

[13] DEVOTO OLI, Il Vocabolario dell’italiano contemporaneo, Le Monnier, 2021

[14] C. CASTELLI, Giustizia predittiva, in <www.questione giustizia.it>; indica cinque progetti basati sui precedenti giudiziari.;   L. VIOLA, Interpretazione della legge con modelli matematici,  Milano, 2017, passim.

[15] I. COPPOLA, Il testamento informatico in caso di malattia contagiosa, in DERECHO MODERNO, Editorial  Lajouane, 2021, BUENOS AIRES, pp.  13-22.

[16]   L’intelligenza artificiale vestirà per la prima volta i panni di un avvocato in un’aula di tribunale inglese. L’algorirmo sviluppato da DoNotPay consiglierà un imputato durante un caso giudiziario. L’intelligenza artificiale funzionerà su uno smartphone, ascoltando il procedimento in aula prima di istruire l’imputato su cosa dire tramite un auricolare. Nel caso in cui l’Ai perda la causa, DoNoPay ha accettato di coprire eventuali multe. Presentato dal New Scientist come “il primo avvocato robot al mondo”, si propone di aiutare le persone a “combattere le corporazioni, sconfiggere la burocrazia e citare in giudizio chiunque con la semplice pressione di un pulsante”. Il creatore dell’algoritmo, uno scienziato informatico della Stanford University, ha lanciato DoNotPay nel 2015 come chatbot per fornire consulenza legale ai consumatori  con l’obiettivo di far risparmiare i costi dell’avvocato.

[17] Ex plurimis:  A. PAJNO, M. BASSINI, G. DE  GREGORIO, M. MACCHIA, F. P. PATTI, O. POLLICINO, S. QUATTROCOLO, D. SIMEOLI, P. SIRENA,   AI: profili giuridici. Intelligenza Artificiale: criticità emergenti e sfide per il giurista, BioLaw [Internet]. 27 novembre 2019 , pp. 205-235; M.BASSINI,O.POLLICINO,L.LIGUORI, Sistemi di Intelligenza Artificiale, responsabilità e accountability. Verso nuovi paradigmi?, in F.PIZZETTI (a cura di), Intelligenza artificiale, protezione dei dati personali e regolazione, Torino, 2018, pp. 333 ss.; G. SARTOR, Cognitive automata and the law: Electronic contracting and the intentionality of software agents, in Artificial Intelligence and Law, 2009, 17, 4, pp. 253 ss.

[18] Un robot nato per intrattenere bambini che però finisce col salvare la sua piccola padroncina da morte certa.

[19] In questo senso nei suoi racconti saranno cruciali le figure del poliziotto Elija “Lije” Baley e del suo partner robotico R. Daneel Olivaw, che popoleranno le narrazioni dei primi tre libri del Ciclo dei Robot e altre narrazioni dell’universo fantascientifico di Asimov.

[21]Stizzita per la scemenza dei suoi stessi oracoli e per l’ingenua credulità dei Greci, la sacerdotessa di Delfi Pannychis XI, lunga e secca come quasi tutte le Pizie che l’avevano preceduta, ascoltò le domande del giovane Edipo, un altro che voleva sapere se i suoi genitori erano davvero i suoi genitori, come se fosse facile stabilire una cosa del genere nei circoli aristocratici, dove, senza scherzi, donne maritate davano a intendere ai loro consorti, i quali peraltro finivano per crederci, come qualmente Zeus in persona si fosse giaciuto con loro“. F. DURRENMATT, La morte della Pizia, in Piccola Biblioteca 216, Adelphi, 219, p. 9)

[22] Né può trascurasi che le ben note criticità  vadano affrontate in modo incisivo a partire dalla stesso metodo processuale rivisitato alla luce della formazione della suo ineluttabile presupposto di un capitale umano, atteso che ancora oggi si assistono a imbarazzanti letargie di giudicanti sine virtute, il cui destino dovrebbe essere inesorabilmente  legato ad inevitabili  destituzioni, pur sotto la spinta dell’ultima riforma (Cartabia) che, nell’ottica della transizione digitale, ha reso definitive le udienze da remoto e le udienze per trattazione scritta telematica, aprendo ad una spersonalizzazione della giustizia, che potrebbe -da un lato- favorire minore diffusioni di reti di parzialità e – dall’altro- irrobustire l’Avvocatura, attraverso l’autonomia negoziale, e gli studi legali per la ricerca di soluzioni migliori (altrimenti non avrebbe un gran senso)rispetto a quelle offerte dagli uffici pubblici.