Osservatorio sulla responsabilità penale dell’internet provider


Osservatorio di Adelmo Manna

con Eleonora Addante, Vittoria D’Agostino, Mattia Di Florio, Pierluigi Guercia, Daniele Labianca, Pierluigi Zarra

Sia la giurisprudenza, sia la dottrina, si interrogano e confrontano da tempo sulla possibilità di imputare responsabilità penale e/o civile in capo agli ISP per le condotte illecite dei fruitori dei loro servizi, e nel caso di risposta affermativa, quale tipo di responsabilità possa essere ritenuta sussistente. In Italia, regolano il regime di responsabilità applicabile ai Provider gli artt. 14, 15, 16, e 17 del D.lgs 70/2003, in attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione.

L’osservatorio si propone dunque di mappare provvedimenti normativi, sentenze di merito o legittimità e orientamenti dottrinali in materia penale. Si vuole, per tale via, fornire agli operatori del diritto una bussola quanto mai necessaria in un panorama legislativo e giurisprudenziale in continua evoluzione.

Più in particolare, da un punto di vista penalistico, che è quello che l’Osservatorio approfondirà, in dottrina si contendono il campo due modelli di responsabilità dell’Internet Provider, il primo è più garantista, legato al concorso di persone a livello attivo tra colui che immette in rete il materiale criminoso e lo stesso Internet Provider, nel senso evidentemente di un previo accordo ed una condotta agevolatrice del secondo nei confronti del primo, con un conseguente dolo particolarmente carico, ma di ardua dimostrazione probatoria. Il secondo modello, meno garantista ma più efficientista, ricorre invece alla responsabilità penale dell’Internet Provider per omissione, nel senso che quest’ultimo sarebbe titolare di una posizione di garanzia, in particolare di controllo sulle fonti di pericolo costituite dall’immissione in rete del materiale criminoso; per cui sarebbe sufficiente l’aver dimostrato l’omesso controllo da parte del Provider, ex art. 40, cpv, c.p., per imputare il fatto di reato al soggetto in questione, utilizzando a tal proposito un dolo molto meno intenso ed ai confini con la colpa cosciente, ovverosia il dolo eventuale. La giurisprudenza in un primo tempo, sia di merito che di legittimità, aveva dimostrato di non aderire a quest’ultimo modello, nel famoso caso Google-Vivi Down. In effetti le argomentazioni utilizzate apparivano plausibili nel senso soprattutto che una posizione di garanzia legata appunto all’obbligo giuridico di impedire l’evento presuppone la possibilità di impedirlo, proprio perché la categoria del dovere è collegata a quella del potere, mentre nel caso dell’Internet Provider è estremamente difficile che possa avere il controllo sulla rete dell’innumerevole materiale che ogni giorno viene inserito.

Altri sono ovviamente gli argomenti critici nei confronti della tesi più rigorista che però evidentemente per ragioni legate all’efficienza della repressione penale, non hanno del tutto convinto la giurisprudenza successiva, segnatamente della Suprema Corte di Cassazione, che infatti in una sentenza emessa qualche tempo dopo rispetto al caso sinora ricordato è tornata sui suoi passi ed ha ridato vigore alla tesi più rigorista tuttavia non convincendo del tutto gli interpreti. Lo scopo precipuo dell’Osservatorio è dunque quello di analizzare la legislazione, la dottrina e la giurisprudenza soprattutto penali in argomento, per cercare di trovare una soluzione plausibile ad un tema così delicato ove sono continuamente presenti i rischi di una c.d. responsabilità di posizione.