La videochat corrompe il minore [Corte di Cassazione – Sezione III – 12 aprile 2023, n. 15261]

di Francesco Giuseppe Catullo  

La nozione di presenza rilevante per il perfezionamento del primo comma della fattispecie di “Corruzione di minorenne” non rimanda al concetto di “presenza fisica”, sussistendo anche quando attraverso mezzi di comunicazione telematica viene consentito a minori di anni 14 di assistere, in tempo reale e senza difficoltà, al compimento di atti sessuali (nella specie, l’imputata aveva posto in essere condotte di autoerotismo, riprendendosi in una videochat condivisa tramite social network con altri utenti, tra cui un minorenne).

 

 

Corte di Cassazione – Sezione III – Sentenza 23 marzo 2023 – 12 aprile 2023, n. 15261 (*)

(Presidente Galterio  – Relatore Liberati)

 

Il primo comma dell’art. 609 quinquies c.p., rubricato Corruzione di minorenne, sanziona la condotta di chi compie atti sessuali in presenza di un minore di anni quattordici.

Il Giudice di legittimità fornisce un’interpretazione della locuzione “in presenza” che, senza fare ricorso ad analogia, viene disancorata dal contesto fisico in cui i sensi percepiscono le esperienze.

Essa, in quanto elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice, sussisterebbe anche quando il dato esperienziale vissuto dalla vittima viene mediato dalla tecnologia.

L’elemento costitutivo della fattispecie “in presenza” viene interpretato non più come complemento di luogo contrapposto a “da remoto”, così come è attualmente in uso per differenziare le attività collegiali svolte in presenza fisica rispetto a quelle realizzate tra partecipanti ubicati in differenti luoghi tramite la mediazione tecnologica, bensì come complemento di modo.

La condizione “in presenza” viene, pertanto, emancipata dal contesto spaziale per diventare modalità attraverso cui, in tempo reale, avvengono interazioni umane grazie al supporto di mezzi di comunicazione telematica.

Tuttavia il senso di presenza potrebbe subire delle gradazioni a seconda del mezzo e/o delle modalità utilizzate per comunicare.

Essa sarà massima ogni qualvolta gli utenti dei supporti tecnologici non percepiranno con precisione il ruolo svolto dalla tecnologia utilizzata per interagire, così com’è avvenuto nel caso proposto in lettura, dove attraverso una videochiamata sul social network Instagram il soggetto agente ha compiuto atti sessuali in presenza del minore connesso a distanza con altro supporto tecnologico.

Invece, il medesimo senso di presenza potrà risultare degradato allorquando l’utente della tecnologia riconosce con chiarezza il ruolo effettivamente svolto da quest’ultima nell’esperienza che si accinge a vivere (ad esempio, il soggetto che visiona un video pubblicato su un social  è consapevole 1) che il documento osservato è stato generato in epoca precedente rispetto a quella della visione, 2) che può essere guardato più volte, 3) che può essere inoltrato a terze persone e 4) che può interagire col suo autore solo attraverso un commento in differita).