Crisi energetica ed eccessiva onerosità sopravvenuta [Tribunale di Firenze 13 aprile 2024

di Redazione

 

Nel contesto di crisi energetica del 2022, il fornitore può invocare l’eccessiva onerosità sopravvenuta della propria prestazione, a condizione che questa sia provata.

In questo caso, ed in generale in una situazione di eccessiva onerosità della prestazione, è possibile avvalersi del rimedio ex art. 1467 c.c. ove il debitore lo denunci preventivamente, in via stragiudiziale, senza la necessità di instaurare il giudizio di accertamento.

L’eccessiva onerosità, quindi, può essere fatta valere come domanda riconvenzionale o eccezione per resistere alla domanda di adempimento.   

 

Nel secondo trimestre del 2022 il settore dell’energia è stato sconvolto da un imprevedibile e vertiginoso aumento dei prezzi per l’approvvigionamento dell’energia elettrica e gas, causato dallo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia e dalla conseguente riduzione della fornitura di gas naturale dalla Russia all’Europa.

Per fronteggiare la crisi energetica ed evitare il proprio collasso, gli operatori del settore hanno aumentato il corrispettivo per la fornitura di energia e/o gas applicato ai propri clienti, nei casi di contratti di fornitura a prezzi variabili.

Nei casi di contratti di fornitura a prezzi fissi, invece, gli operatori hanno dovuto adottare soluzioni diverse e, in alcuni casi, estreme:

  1. il recesso dai contratti di fornitura nel rispetto dei termini di preavviso previsti contrattualmente;
  2. l’aumento del prezzo applicato con una modifica unilaterale delle condizioni economiche;
  3. la risoluzione stragiudiziale del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.

La prima soluzione si è rivelata, in alcuni casi, impraticabile, non potendo gli operatori, nemmeno per il periodo di preavviso, sostenere il peso della sproporzione tra i costi di approvvigionamento e i prezzi praticati ai propri clienti.

La seconda soluzione è stata impedita dall’art. 3 del Decreto-Legge del 9 agosto 2022, n. 115 (c.d. Decreto Aiuti-bis) che, come noto, ha vietato la modifica unilaterale delle condizioni economiche dei contratti di fornitura di energia elettrica e gas naturale, fino al 30 giugno 2023.

La terza soluzione è quella adottata dalla società fornitrice di energia elettrica e gas nel caso deciso dal Tribunale di Firenze con l’ordinanza in commento che, tra i mesi di luglio e di agosto 2022, ha risolto n. 55.000 contratti a prezzi fissi sottoscritti prima della crisi energetica.

All’esito di approfondite verifiche e sulla base di una perizia redatta da un esperto del settore, l’operatore ha riscontrato una evidente sproporzione tra il costo di approvvigionamento delle materie prime e il prezzo applicato al cliente, tale che il primo era pari a circa il triplo del secondo.

L’operatore ha, quindi, intimato ai propri clienti la risoluzione del contratto di fornitura per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione e la sospensione della fornitura. Con la precisazione che il rapporto sarebbe potuto proseguire solo previa riconduzione ad equità del contratto, con un aumento del corrispettivo della fornitura coerente con i nuovi prezzi di mercato.

L’intimazione è stata contestata da uno degli utenti che, con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., ha chiesto accertarsi l’illegittimità della risoluzione del contratto e della sospensione della prestazione, per non avere l’operatore preventivamente esperito l’azione giudiziale ex art. 1467 c.c..

L’operatore si è costituito in giudizio confermando la legittimità della sospensione della fornitura e chiedendo in via riconvenzionale la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, sussistendone i presupposti sin dalla data dell’intimazione stragiudiziale.

La società convenuta, infatti, ha invocato l’orientamento di Cassazione che, a partire dagli anni 50 e sino a tempi recentissimi, ha riconosciuto la facoltà di far valere la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta in via di domanda riconvenzionale e di eccezione (cfr. Cass. Civ., sentenza n. 2116/1952; Cass. Civ., sentenza n. 954/1953; Cass. Civ. sentenza n. 3291/1954; Cass. Civ., sentenza n. 2107/1957; Cass. Civ., sentenza n. 6470/1980; Cass. Civ., sentenza n. 1233/1982, Cass. Civ., sentenza n. 3321/1987; Cass. Civ., sentenza n. 9355/1991; Cass. Civ., sentenza n. 1090/1995; Cass. Civ., sentenza n. 20744/2004; Cass. Civ., sentenza n. 26363/2017).

Nella propria memoria difensiva la società ha inoltre ripreso gli scritti delle più autorevoli fonti dottrinali secondo le quali il debitore può legittimamente rifiutare di adempiere la prestazione divenuta iniqua, nel caso in cui lo denunci preventivamente al creditore nel rispetto dei doveri di buona fede e correttezza.

Con l’ordinanza del 13/18 aprile 2023 il Tribunale di Firenze ha aderito integralmente alla tesi dell’operatore.

Ritenendo provati i presupposti ex art. 1467 c.c. per la risoluzione del contratto di fornitura sulla base della relazione redatta dal perito di parte e dei dati di comune esperienza, il Tribunale ha risolto il contratto di fornitura con effetto retroattivo sin dalla data in cui si è verificata l’eccessiva onerosità sopravvenuta, come indicata nella intimazione stragiudiziale di risoluzione.

Il Giudice ha ritenuto legittima anche la sospensione della prestazione dovuta, preventivamente comunicata al cliente, in quanto giustificata da circostanze di fatto idonee a fondare la risoluzione del contratto e, quindi, l’estinzione dell’obbligazione.

Il Tribunale adito ha, infatti, precisato che la eccessiva onerosità sopravvenuta possa essere validamente invocata sia come domanda riconvenzionale, sia come eccezione, senza dover preventivamente istaurare il relativo giudizio di accertamento.

tribunale di firenze 13 aprile