Ti piace vincere facile? Ancora sulla frode informatica [Corte di Cassazione – Sezione II -19 gennaio 2024, n. 2346]

di Francesco Giuseppe Catullo

Il discrimine tra Truffa e Frode informatica è sempre lo stesso. L’attività fraudolenta dell’agente nel primo caso investe la persona inducendola in errore, nel secondo insiste sul sistema informatico manipolandolo. In comune, invece, hanno il risultato: il conseguimento di un ingiusto profitto con altrui danno, che segna il momento in cui entrambi i delitti raggiungono la perfezione.

Nella sentenza proposta in lettura viene ribadita la menzionata differenza tra le due fattispecie, intervenendo gli Ermellini per correggere un’errata interpretazione dell’art. 640 c.p. che aveva ravvisato un fatto di Truffa anziché di Frode informatica nella condotta di alcuni dipendenti infedeli di Lottomatica che, intervenendo abusivamente su un software, erano riusciti ad intercettare il biglietto vincente della lotteria “Gratta e Vinci” del valore di 7.000.000,00 di euro.

La modalità lesiva oggetto di disamina sarebbe stata posta in essere secondo le seguenti fasi: 1) accesso abusivo nel software di Lottomatica preposto al collocamento dei biglietti ‘Gratta e Vinci” presso i punti vendita localmente abilitati; 2) intercettazione dei biglietti vincenti e individuazione della loro rispettiva destinazione; 3) occultamento delle tracce degli accessi abusivi mediante l’utilizzo di un software di anonimizzazione; 4) acquisto in blocco della serie dei biglietti tra cui erano collocati quelli vincenti e, infine, 5) esibizione del titolo vincente da parte del portatore “abusivo”  presso l’Ufficio Premi di Lottomatica al fine di riscuotere la vincita.

L’aspetto fraudolento della descritta modalità di lesione, dirimente per discernere l’ipotesi di Truffa da quella di Frode informatica, si incentra non sull’induzione in errore del soggetto passivo del reato che ha provveduto all’erogazione della prestazione economica in virtù della mera esibizione del biglietto vincente (punto sub 5), bensì nella neutralizzazione del sistema informatico atto ad assicurare l’aleatorietà della scommessa.

Sono i punti 1), 2) e 3), relativi alle prime fasi della sequenza delittuosa, a caratterizzare quest’ultima come Frode informatica nella misura in cui hanno determinato le condizioni per il soggetto agente di vanificare il meccanismo della lotteria, determinando la perdita di chance per tutti i potenziali acquirenti dei biglietti e l’alterazione del contratto di vendita proposto dalla Lottomatica che nella dinamica de qua assume la veste di danneggiata.

Per quest’ultima ragione la fattispecie di cui all’art. 640 ter c.p. risulterà anche aggravata per essere stata commessa ai danni dello Stato, considerando che Lottomatica è concessionaria dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per il servizio di gestione delle vendite di gioco.

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Corte di Cassazione – Sezione II – Sentenza 19 dicembre 2023 – 19 gennaio 2024, n. 2346

(Presidente Rosi  – Relatore Pellegrino)

Il delitto di frode informatica di cui all’art. 640-ter c.p. ha la medesima struttura ed i medesimi elementi costitutivi della truffa, dalla quale si differenzia solamente perché l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona, di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza di quest’ultima attraverso la sua manipolazione.

 

  

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RITENUTO IN FATTO

  1. A F.G. sono state contestate tre fattispecie di truffa aggravata ai danni dello Stato (capi A, D e G) e tre fattispecie di autoriciclaggio (capi C, F ed L). 1.1. Con decreto del 26/10/2021, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma disponeva nei confronti del sunnominato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta – e in via subordinata anche per equivalente ai sensi dell’art. 640-quater cod. pen. – del profitto dei reati di cui ai capi A), D) e G). 1.2. Con successivo decreto del 08/04/2023, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Velletri, preso atto dell’incompetenza territoriale dichiarata dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma nell’udienza preliminare del 13/10/2022, e della nuova richiesta di sequestro formulata dal pubblico ministero di Velletri in data 06/04/2023, dichiarava l’inefficacia per decorso del termine di cui all’art. 27 cod. proc. pen. del decreto di sequestro preventivo del 26/10/2021 (limitatamente ai reati per i quali era stata pronunciata sentenza di incompetenza territoriale: capi A, C, D, F, G, H, L) e, preso atto dell’avvenuta prescrizione delle fattispecie di cui ai capi A) e D), disponeva contestualmente nei confronti del G. (e della di lui madre, D., concorrente nel medesimo reato) il sequestro preventivo ai fini di confisca diretta e per equivalente del profitto del reato di truffa aggravata contestata al capo G) pari ad euro 6.580.030,00 nonché nei confronti del solo G. il sequestro preventivo a fini di confisca del profitto dei reati di autoriciclaggio di cui ai capi C), F) ed L), rispettivamente pari ad euro 900.000, ad euro 500.000 e ad euro 102.113. 1.3. Il provvedimento riceveva materiale esecuzione nei confronti di Fabio G. per il complessivo importo di euro 5.578.073,24 sia in forma diretta su una pluralità di rapporti finanziari e polizze vita) che per equivalente (su immobili del valore di 767.353 euro, nonché su di un’autovettura ed un motoveicolo) e nei confronti di L.D. per l’importo di 406.487,28 euro. 1.4. Con ordinanza in data 19/07/2023, il Tribunale di Roma annullava il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta (e, in via subordinata, anche per equivalente ai sensi dell’art. 640-quater cod. pen.) emesso in data 08/04/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri nei confronti di Fabio G. limitatamente al profitto di cui al capo L) d’incolpazione, confermando nel resto il provvedimento impugnato. 1.5. Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di un idoneo corredo indiziario in relazione ai capi G), C) ed F), oltre che per i reati di truffa aggravata di cui ai capi A) e D), ormai prescritti; il tutto, alla luce delle evidenze raccolte dagli esiti delle indagini concernenti la fraudolenta aggiudicazione nell’aprile 2019 da parte di alcuni dipendenti di Lottomatica Holding s.r.l. del primo premio della lotteria “Gratta e Vinci – Super Cash” del valore di euro 7.000.000,00, mediante una pluralità di artifizi, ivi incluso l’accesso abusivo ai sistemi informatici della società allo scopo di individuare l’allocazione del lotto contenente il biglietto vincente, così da poterlo acquistare e portare all’incasso. Successivi accertamenti compiuti avevano permesso di individuare altre tre vincite sospette riconducibili al G., che fino al maggio 2018 (quando aveva spontaneamente presentato le sue dimissioni) era stato dipendente di Lottomatica Holding s.r.l. con la funzione di capo team dell’area Italy Sistem Operations del settore Gratta e Vinci. 2. Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di Fabio G., è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Primo motivo: violazione di legge con riferimento ai capo A), D) e G), per mancanza degli elementi costitutivi del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Si è posto a fondamento dell’esistenza del fumus commissi delicti dei reati di truffa la possibile esistenza di un artificio che avrebbe consentito la preventiva individuazione dei biglietti vincenti tramite un accesso abusivo al sistema informatico del “Gratta e Vinci”, senza però nulla dire in ordine agli altri elementi costitutivi del reato di cui all’art. 640 cod. pen. L’elemento costitutivo dell’induzione in errore, nel provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, era stato individuato nella falsa titolarità dei biglietti vincenti (sicuramente riconducibili al G., in quanto tale non legittimato a partecipare alla lotteria) presentati all’incasso da altri soggetti, asseritamente non titolari dei tagliandi. Innanzitutto è erronea l’individuazione dell’eventuale soggetto indotto in errore posto che il provvedimento impugnato attribuisce detta qualità al gestore del servizio Lottomatica, trascurando però il fatto che prima di essere presentati all’incasso i biglietti devono essere acquistati dal punto vendita. I biglietti sono stati regolarmente acquistati presso il legittimo proprietario, sono stati regolarmente presentati all’incasso da persone legittimate come previste dal regolamento, che sono risultati vincenti a seguito di validazione effettuata dal concessionario e che le vincite sono state regolarmente pagate. L’obbligo ex lege di pagamento delle vincite è un atto necessitato e non volontario, non deriva da un processo decisionale viziato, non è un atto espressivo di autonomia privata ovvero di volontarietà dell’esecuzione della prestazione patrimoniale: difetta, conseguentemente, il danno patrimoniale.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Il ricorso è complessivamente infondato. 2. Pur muovendosi con incertezza tra la denuncia di vizi motivazionali (ammissibili in questa sede, solo se correlati alla mancanza di motivazione o alla mera apparenza delle argomentazioni poste a base del provvedimento: cfr. Sez. 3, n. 37451 del 11/04/2017, Gazza, Rv. 270543; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129) e la censura della violazione di legge, la difesa – quantomeno con riferimento a taluni aspetti – finisce per criticare la motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame lamentando, nella sostanza, la carenza dell’apparato motivazionale in punto dimostrazione, pur se a livello di fumus come richiesto dalla fase incidentale, dei presupposti indefettibili per riconoscere nei fatti accertati le condotte dei delitti contestati. 2.1. A tal fine, alcune premesse metodologiche e di principio s’impongono. 2.1.1. Va innanzitutto ricordato che, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione contro l’ordinanza emessa dal Tribunale, all’esito della richiesta di riesame ovvero di appello in tema di misure cautelari reali, può essere proposto solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”. Ne consegue che i vizi motivazionali denunciabili debbono assumere caratteri così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093); non rientra, invece, nella nozione di violazione di legge l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli, Rv. 242916). Nel caso di specie, non può ritenersi affatto che la motivazione sia del tutto assente o assuma i caratteri della mera apparenza: del resto, perché ricorrano fattispecie del genere è necessario che la motivazione stessa sia del tutto priva dei pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato (cfr., Sez U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710). Va ricordato al riguardo che, la manifesta illogicità della motivazione, pur corrispondendo al mancato rispetto dei canoni epistemologici e valutativi che, imposti da norme di legge (principalmente dall’art. 192, ma anche dall’art. 546, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), regolano il ragionamento probatorio, non è però presidiata da una diretta sanzione di nullità: l’incongruenza logica della decisione contrastante con detti canoni può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606, che riconosce rilevanza al vizio allorché esso risulti dal testo del provvedimento impugnato. Invece, l’ipotesi della mancanza di motivazione, pur essendo inclusa nella citata lett. e), non ha perduto l’intrinseca consistenza del vizio di violazione di legge, che vale a renderlo affine al motivo di ricorso enunciato nella lett. c) del medesimo art. 606 cod. proc. pen., in quanto il caso di motivazione radicalmente omessa, cui è equiparata quella meramente apparente, è sempre correlato alla inosservanza di precise norme processuali (l’art. 125, comma 3, riguardante in generale le forme dei provvedimenti del giudice, compresi i decreti nei casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge; l’art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis), e comma 2-ter, in tema di ordinanza applicativa di una misura cautelare personale), norme che, specificando il precetto di cui all’art. 111, comma 6, Cost., stabiliscono l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, facendo derivare dall’inosservanza di esso la nullità dell’atto. 2.1.2. Ulteriore doverosa premessa attiene alla verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione che, per costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non può tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi ovvero alla ricorrenza dell’elemento psicologico del reato (cfr., Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, Mariano, Rv. 215840; Sez. 6, n. 45908 del 16/10/2013, Orsi, Rv. 257383). Peraltro, sebbene nel sequestro preventivo la verifica del giudice del riesame non debba tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, è necessario tuttavia che la stessa si spinga ad accertare la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato: pertanto, ai fini dell’individuazione del “fumus commissi delicti”, non è sufficiente la mera “postulazione” dell’esistenza del reato, da parte del pubblico ministero, in quanto il giudice, nella motivazione dell’ordinanza, deve rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostra indiziariamente la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata (o ritenuta) rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 28515 del 21/05/2014, Ciampani, Rv. 260921). 2.2. Nella fattispecie, l’ordinanza impugnata ha rilevato la natura fraudolenta delle indicate vincite pari ad oltre 15.000.000 di euro, posta in essere grazie al decisivo ruolo svolto dal G. all’interno di Lottomatica, dimostrata dalla loro particolare vicinanza nel tempo, dal fatto che uno stesso nucleo familiare del G. avesse conseguito nell’arco di soli due anni tre vincite milionarie al Gratta e Vinci, dalla circostanza che i biglietti vincenti fossero stati acquistati in tutte e tre le occasioni in città particolarmente lontane dai luoghi di residenza dei vincitori, dalla tempistica e dalla consistenza delle spartizioni di denaro che ne erano seguite, sempre caratterizzate dal riconoscimento della quota più elevata allo stesso G., che ne aveva poco dopo versato una porzione alla collega Ambra Burani, parimenti impiegata presso la Lottomatica Holding s.p.a., mediante bonifici privi di una ben definita causale e nonostante non sussistessero particolari rapporti affettivi tra le parti. E’ stata altresì evidenziata l’anomala circostanza che il G., ad un anno di distanza dalle sue dimissioni, avesse mantenuto stretti contatti con i colleghi Salazar, Sabbatini e Ricci (indagati per truffa ed altro in relazione alla fraudolenta aggiudicazione nell’aprile 2019 del primo premio della lotteria Gratta e Vinci), tanto che il ricorrente era andato a trovare presso la sede della Lottomatica proprio il 09/04/2019, ovvero le stesso giorno in cui il Salazar ed il Sabbatini si erano recati ad acquistare il biglietto vincente presso una tabaccheria di Cremona, ove il titolo era pervenuto la mattina di quello stesso giorno. Il successivo 13/02/2020 proprio il G. aveva chiesto aggiornamenti sulla stessa chat in merito alle operazioni di dismissione del server ITGS, ovvero lo stesso in cui il Ricci e il Salazar si erano introdotti mediante un apposito software per ricercare i biglietti vincenti e poi cancellare le tracce informatiche dei loro accessi. Si legge nel provvedimento impugnato: “di conseguenza non può essere valorizzata in chiave difensiva la circostanza che la società Mediaservice.net – incaricata dalla Lottomatica nel giugno 2020 di eseguire un’analisi forense sul service ITGS mirata alla ricostruzione del meccanismo fraudolento che aveva consentito ai dipendenti infedeli di individuare i biglietti vincenti del gioco denominato “500 milioni supercash” e la loro allocazione geografica – non sia riuscita a rilevare attività fraudolente da parte degli operatori di sistema, atteso che comunque … erano stati individuati una pluralità di comportamenti anomali da parte degli amministratori della piattaforma, suscettibili di avere precluso la successiva attività di accertamento del suo pregresso utilizzo fraudolento. In particolare era emerso che il 05/06/2020 la matricola K12161 – abbinata all’utenza di Ricci Massimo – aveva cancellato tutti i file di log e le registrazioni delle precedenti sessioni di lavoro asserendo che fosse un’operazione necessaria per liberare spazio sul server. Tuttavia si era trattato invece di un’operazione “arbitraria e non giustificata” poiché non vi era alcuna evidenza della saturazione del disco di sistema. Ne emerge conferma dalla conversazione telefonica intercorsa tra il Ricci ed il Sabbatini proprio il pomeriggio del 05/06/2020 in cui il primo aveva informato il secondo di avere trovato una funzione che permetteva di cancellare i file di log e di averla applicata sull’intero sistema, ivi inclusa la sua componente denominata “staging”. Il Sabbatini se ne era rallegrato, osservando come avessero ormai “ripulito tutto” e potessero stare tranquilli … (aggiungendo) che il Ricci avrebbe potuto giustificare l’operazione proprio sostenendo che servisse per liberare la memoria del disco e evitare che il sistema si bloccasse …”. 3. Tutto ciò premesso e considerato, evidenzia il Collegio come il ricorrente, con il primo motivo svolto, deduca violazione della legge penale in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, contestando gli elementi costitutivi del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all’art. 640- bis cod. pen. La questione relativa alla qualificazione giuridica del fatto, sebbene fondata, non dispiega, per i motivi che saranno successivamente illustrati, alcun utile effetto ai fini della persistente efficacia della misura. 3.1. Il ricorrente ricostruisce la natura giuridica del biglietto vincente quale titolo al portatore, in tal modo escludendo l’induzione in errore determinante l’atto di disposizione patrimoniale, elementi costitutivi del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche posti alla base della provvisoria incolpazione. 8 gR Nel caso di specie, occorre rilevare che il disvalore della condotta si incentra su un’intercettazione abusiva, attraverso l’accesso al database della banca dati della società concessionaria, dei biglietti vincenti, individuati presso i diversi rivenditori ed acquistati in blocco dall’indagato o da persone al medesimo riconducibili che, in qualità di prestanome, hanno contribuito all’attuazione del sofisticato sistema elaborato dal G. tanto nella fase di intervento sui sistemi informatici, propedeutica all’individuazione ed al conseguente acquisto dei titoli, quanto nella successiva attività di occultamento delle tracce degli accessi, mediante l’utilizzo di software di anonimizzazione. 3.2. L’attività di manipolazione dei sistemi informatici preposti al collocamento dei biglietti delle lotterie nazionali nei punti vendita localmente abilitati, in quanto diretta alla loro individuazione, strumentale alla conseguente captazione dei premi della vincita, non costituisce artificio penalmente rilevante ai sensi dell’art. 640-bis cod. pen., ma integra la fattispecie speciale di frode informatica di cui all’art. 640-ter cod. pen., in quanto difetta l’induzione in errore del soggetto passivo del reato, tenuto all’erogazione della prestazione in virtù della mera esibizione del titolo di legittimazione, risolvendosi il disvalore complessivo della condotta, piuttosto, nel fraudolento intervento sul sistema di distribuzione, diretto a neutralizzare l’aleatorietà del complessivo meccanismo di gioco. In tale prospettiva, il pagamento della vincita al portatore “abusivo” determina la produzione dell’evento di ingiusto profitto con altrui danno, posto che la predeterminazione del vincitore del premio, venutone in possesso indebitamente, consolida, da un lato, la definitiva perdita di chance a carico degli altri potenziali acquirenti, esposti inevitabilmente alla definitiva impossibilità di conseguire la disponibilità dei biglietti vincenti in conseguenza dell’illecita intercettazione dei titoli e, dall’altro, l’alterazione funzionale del contratto di vendita di cui è parte la società Lottomatica (ora IGT Lottery), che si è costituita parte civile nel processo insieme a Lotterie Nazionali e all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, incidendo sulla sua tipica causa di alea. 3.3. Da tanto discende che il fatto sembra trovare corretta qualificazione giuridica nell’alveo di cui all’art. 640-ter cod. pen., che si caratterizza, infatti, perché l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona, di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza di quest’ultima, attraverso la sua manipolazione (Sez. 2, n. 10354 del 05/02/2020, Gerbino, Rv. 278518). Sussiste, inoltre, l’aggravante prevista al secondo comma della suindicata disposizione normativa, posto che il fatto concreto realizzato è avvenuto in danno della società Lottomatica Holding S.p.a., da qualificarsi come ente pubblico, in quanto preposto ai servizi di gestione delle vendite di gioco, tramite autorizzazione dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Invero, il pagamento della vincita è stato regolarmente eseguito in favore dell’indagato nella qualità di portatore dei biglietti vincenti, senza alcuna diretta induzione in errore del soggetto tenuto al pagamento dei premi. 3.4. La condotta illecita si situa, pertanto, in una fase intermedia rispetto alla materiale riscossione della vincita e, più propriamente, nel momento della fraudolenta individuazione dei titoli vincenti. Proprio tale attività, strumentale al conseguimento dell’ingiusto profitto, ha consentito di alterare l’ordinario meccanismo di gioco, neutralizzandone l’alea tipica e consentendo, quindi, all’agente di poter incassare la vincita. L’attribuzione al fatto della corretta qualificazione giuridica non dispiega, tuttavia, alcun effetto caducatorio della misura applicata, trattandosi della mera qualificazione giuridica del medesimo fatto, senza alcuna immutazione degli elementi costitutivi del reato, giacchè, dalla corretta attribuzione al fatto del corretto nomen juris, non deriva alcun effetto sulla misura cautelare in atto. Ed invero, il sequestro preventivo funzionale alla confisca, prevista dal combinato disposto degli artt. 322-ter e 640-quater cod. pen., è applicabile anche al reato di frode informatica di cui all’art. 640-ter cod. pen.: da qui l’infondatezza del motivo.

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