La proroga del credito d’imposta per i servizi digitali

  Nell’ambito delle numerose misure di sostegno adottate nel 2020 a favore del settore editoriale, senza dubbio fortemente provato dalla crisi economica dell’attuale contesto epidemiologico, si annovera la previsione del credito d’imposta per i servizi digitali. L’art. 190 del Decreto Rilancio (D.L. n. 34 del 19/05/2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 77/2020), in vigore dal 19 luglio 2020, riconosce un credito d’imposta pari al 30% delle spese sostenute nel corso dell’anno solare 2019 per «l’acquisizione dei servizi di server, hosting e manutenzione evolutiva per testate edite in formato digitale, e per information technology di gestione della connettività»[1] a beneficio delle imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al ROC[2], con almeno un dipendente a tempo indeterminato, incluse le cooperative che non beneficiano dei contributi diretti di cui all’art. 2, commi 1 e 2, della L. n. 198/2016.[3] Detto credito risulta alternativo e non cumulabile con riguardo alle medesime spese già coperte da agevolazioni statali, regionali o unionali, salvo espressa deroga di pari fonte normativa. I requisiti necessari ai fini della presentazione della domanda, che va necessariamente proposta a mezzo di istanza diretta al Dipartimento per l’informazione e l’editoria[4], sono elencati nel D.P.C.M. applicativo del 4 agosto 2020[5] e prevedono: – la sede legale nel SEE (Spazio Economico Europeo); – la residenza fiscale in Italia o una stabile organizzazione nel territorio nazionale[6]; – il codice di classificazione ATECO 58 «Attività Editoriali».[7] Ai sensi dell’art. 6, co.1 del D.P.C.M. del 4 agosto, detto credito è utilizzabile unicamente in compensazione, a mezzo di F24, con codice tributo «6919», tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, a pena di scarto del versamento.[8] Con riguardo alla dimostrazione del sostenimento delle spese rientranti nell’agevolazione, si precisa che le stesse devono risultare sostenute nell’esercizio di competenza ai sensi dell’art. 109 Tuir e che il relativo sostenimento necessita di attestazione, ai sensi del comma 3 dell’art. 190 del D.L. n. 34/2020, da parte dei «soggetti di cui all’art. 35, commi 1, lettera a), e 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, legittimati a rilasciare il visto di conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni fiscali, ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti ai sensi dell’articolo 2409-bis del codice civile». A tal fine è necessaria la trasmissione di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti la sussistenza di detti requisiti. Sebbene l’art. 190 possa apparire, ad una prima lettura, dettagliato ed esaustivo, diversi profili di incertezza sono stati palesati dagli stessi contribuenti, a partire della puntuale individuazione dei servizi ammissibili. Dalle Frequently Asked Questions pubblicate dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria, aggiornate al 18 novembre 2020, si evince piuttosto chiaramente come le espressioni «servizi di server, hosting e manutenzione evolutiva per testate edite in formato digitale» ed «information technology di gestione della connettività», di cui al comma 1, abbiano alimentato l’insorgere di una pletora di incertezze nei soggetti interessati. Del resto, alcuna specificazione ulteriore, nemmeno a titolo esemplificativo, è stata fornita in tal senso dal D.P.C.M. applicativo del 4 agosto scorso. Posto che per manutenzione evolutiva (MEV) si intende l’evoluzione delle procedure e dei programmi del sistema informativo, in relazione al mutamento delle esigenze dei fruitori[9], in occasione del chiarimento del 18 novembre 2020, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha distinto il concetto di manutenzione evolutiva da quello di gestione della testata, i cui costi non rientrano nell’agevolazione in esame. Costituiscono, a titolo esemplificativo, costi di gestione ordinaria della testata, quelli relativi alla pubblicazione della rivista sui siti web o sui social network, come anche quelli per la promozione ed i servizi di streaming. Nel caso, quindi, del costo per la realizzazione di un’app finalizzata alla gestione delle testate digitali, il beneficio de qua risulterebbe applicabile solo nel caso in cui si trattasse di modificare delle funzionalità già esistenti nella stessa, apportando migliorie non originariamente predisposte. Piuttosto sibillino è apparso, evidentemente, il concetto di «information technology di gestione della connettività». È stato chiarito dal Dipartimento come l’inciso possa dirsi concernente le spese per l’attuazione di una rete, i costi per l’acquisto di software e hardware necessari specificatamente alla gestione della connettività e quelli per l’acquisto di servizi di connettività, quali modem, router, switch o servizi di collegamento a internet. Vi rientrano, pertanto, i costi legati alla fibra ottica, compresi i servizi di protezione VPN per gli accessi ai siti internet delle testate digitali, mentre sono esclusi notebooks, smartphones e storages. Si attesta come condizione necessaria ai fini della fruizione del beneficio in esame l’utilizzo di detti servizi, «ancorchè in via non esclusiva»[10], finalizzato alla produzione e gestione di testate edite in formato digitale, nonostante ciò non sia puntualmente esplicitato dalla norma. Nell’ambito dei costi agevolabili sono stati ricompresi quelli della telefonia mobile il cui traffico dati è utilizzato dai giornalisti per il caricamento delle notizie sul quotidiano di informazione. La specificazione relativa all’utilizzo in via non necessariamente esclusiva dei servizi rientranti nel credito d’imposta, seppur effettuata in un secondo momento e non esplicitata nella littera legis, può dirsi  più che mai rassicurante, posto che tutt’altro che agevole, si mostrerebbe, nei fatti, la determinazione della quota parte di connettività e di gestione riferibile alle sole testate online, nonché l’effettuazione dei relativi controlli ai fini del recupero di quanto indebitamente fruito, ai sensi dell’art. 1, comma 6, del D.L. n. 40 del 25/03/2010, convertito con modificazioni dalla L. n. 73 del 22/05/2010. In fondo, la ratio dell’art. 190 consiste propriamente nell’offrire un ristoro parziale dalle spese sostenute per l’acquisizione di servizi digitali in un momento economico particolarmente difficile e «quel che conta è che il costo sostenuto sia riferibile all’attività imprenditoriale e non ad altro».[11] Ci si chiede, pertanto, se non appaia eccessivamente restrittiva la tassatività della previsione, quale requisito di ammissione, del codice di classificazione ATECO 58, con le sole specifiche 58.13 (edizioni di quotidiani) e 58.14 (edizione di riviste e periodici). Restano infatti escluse dal beneficio de qua, le agenzie di stampa editrici di una testata digitale, seppure iscritte al ROC e registrate presso i competenti tribunali civili. In merito, inoltre, all’attribuzione del generico codice ATECO 58.1., che comprende anche attività diverse da quella editoriale, è prevista l’integrazione del requisito solo laddove venga documentato che i costi per cui si richiede l’accesso siano riferiti (a questo punto, principalmente ancorchè non esclusivamente), all’edizione in formato digitale delle testate. Ai fini della valutazione istruttoria da parte dell’Agenzia, è prevista la necessaria indicazione nella domanda di tutti i codici ATECO in capo ai soggetti richiedenti. L’elenco con i beneficiari dell’agevolazione di cui all’art. 190, promesso entro il 31 dicembre 2020[12], è stato pubblicato in data 22 dicembre 2020 dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del D.P.C.M. 4 agosto 2020, e contestualmente trasmesso all’Agenzia delle entrate. Sennonché, è necessario evidenziare come detto elenco tenga conto delle sole richieste trasmesse dal 20 ottobre al 20 novembre 2020. Con la Legge di Bilancio 2021[13] è stato, infatti, ritenuto opportuno prorogare e valorizzare ulteriormente il credito d’imposta per i servizi digitali, con le stesse modalità originariamente previste, per gli anni 2021 e 2022, provvedendo allo stanziamento di 10 milioni l’anno (a fronte degli 8 originariamente previsti) erogati dal Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, di cui all’articolo 1 della legge del 26 ottobre 2016, n. 198. [1] In ottemperanza e nei limiti di quanto previsto dal Regolamento (UE) n. 1407 del 18 dicembre 2013 della Commissione, in merito all’applicazione degli artt. 107-107 TFUE sugli aiuti «de minimis». Cfr. F.Gavioli, Decreto rilancio: misure fiscali per fronteggiare la crisi nell’editoria, in Pratica Fiscale e Professionale n. 25 del 2020, pag. 31. [2] Registro degli operatori di comunicazione. L’iscrizione deve sussistere al momento della presentazione dell’istanza e non alla data cui si riferiscono le spese per le quali è richiesta l’agevolazione. [3] Contributi, questi, relativi alla ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, oltre che ai profili pensionistici dei giornalisti e alla composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. B. Pagamici, Le opportunità-credito d’imposta per i servizi digitali, in Cooperative e enti non profit, 10/2020, pag. 34. [4] Prima della L. n. 178 del 30/12/2020, in vigore dal 1° gennaio 2021, la domanda per il beneficio in esame poteva essere inoltrata unicamente tra il 20 ottobre ed il 20 novembre 2020. [5] G. Napolitano, Imprese editrici: il credito d’imposta per i servizi digitali, in ecnews.it del 2 ottobre 2020. [6] L’art. 190 non pone alcun divieto per le spese effettuate fuori dal territorio nazionale, purché siano rispettati i criteri di certificazione delle spese di cui al comma 3 della stessa disposizione. In tal senso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha ritenuto valide delle spese effettuate in Germania e Ucraina. [7] F. Gavioli, Credito d’imposta editoria: al via le domande, in Pratica Fiscale e Professionale n. 40 del 2020, pag. 24. [8] Il codice tributo è stato istituito con la Risoluzione n. 81/E del 23 dicembre 2020 dell’Agenzia delle entrate. [9] Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in «scheda servizio sviluppo e manutenzione evolutiva del software applicativo [SVI]», pag. 4. [10] Dipartimento per l’informazione e l’editoria, FAQ sul credito di imposta per i servizi digitali, risposta al quesito n. 13 (servizi ammissibili). [11] Dipartimento per l’informazione e l’editoria, FAQ sul credito di imposta per i servizi digitali, risposta al quesito n. 5 (modalità di presentazione delle domande). [12] L’art. 5, comma 1, del D.P.C.M. 4 agosto 2020 individuava nel 31 dicembre 2020 la data limite per la formazione dell’elenco dei soggetti in possesso dei requisiti necessari, ad opera del Dipartimento per l’informazione e l’editoria. [13] Ai sensi dell’art. 1, comma 610 della L. n. 178 del 30/12/2020, in vigore dal 1° gennaio 2021: «per gli anni 2021 e 2022, il credito d’imposta per i servizi digitali di cui all’articolo 190 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, è riconosciuto, alle condizioni e con le modalità ivi previste, entro il limite massimo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente comma, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, si provvede a valere sul Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, di cui all’articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198, nell’ambito della quota destinata agli interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per le predette finalità il suddetto Fondo è incrementato di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022».