Domicilio digitale: gravano sull’amministrazione destinataria le conseguenze dell’uso non diligente della casella PEC [Consiglio di Stato – Sez. II – sent. 6 febbraio 2023, n. 1211]

Di Ernesto BelisarioErnesto Belisario -

DIRITTO ALL’USO DELLE TECNOLOGIE NEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Diritto all’uso delle tecnologie – Procedimento amministrativo – Comunicazioni telematiche – Domicilio digitale – Casella PEC satura – Presunzione di consegna

(D.Lgs. n. 82/2005, artt. 3 e 6; L. n. 241/1990, artt. 3-bis e 10-bis)

Il Consiglio di Stato si è pronunciato su una controversia avente a oggetto la legittimità di un’ordinanza comunale con cui è stato disposto il divieto di prosecuzione delle opere e la rimozione di quelle già realizzate in relazione a una pratica edilizia.

Il Collegio, nonostante abbia ritenuto infondato il ricorso con riferimento alla domanda di annullamento del provvedimento, perché comunque legittimo ai sensi dell’art 21-octies della L. 241/1990, ha tuttavia parzialmente accolto le ragioni della parte appellante con cui era stata dedotta la violazione dell’art. 10-bis della L. 241/1990, ritenendo che la saturazione della casella PEC del comune non giustificasse l’omesso esame delle controdeduzioni del privato.

In tal senso, il Consiglio di Stato ha colto l’occasione per affermare alcuni importanti principi in materia di uso delle tecnologie nei rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati, in particolare con riferimento all’uso del domicilio digitale.

Il Collegio, innanzitutto, ha ricordato che “L’utilizzo da parte del privato delle tecnologie digitali nei rapporti di diritto pubblico non è demandata ad una scelta discrezionale della pubblica amministrazione, ma rappresenta un vero e proprio diritto del cittadino”. In tal senso, ha richiamato l’art. 3 del D.lgs. n. 82 del 2005 (recante “Codice dell’amministrazione digitale”, d’ora in avanti anche solo “CAD”), norma che sancisce il diritto di chiunque a usare, in modo accessibile ed efficace, la soluzione e gli strumenti informatici previsti dalla legge ai fini, tra l’altro, della partecipazione al procedimento amministrativo.

Al riconoscimento di siffatto diritto, afferma il Collegio, fa da contraltare l’obbligo dell’amministrazione di renderne effettivo l’esercizio, dotandosi di un domicilio digitale e curandone con diligenza la funzionalità.

Il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa ricorda, inoltre, che ai sensi dell’art. 3-bis della legge n. 241 del 1990 (come da ultimo modificato ad opera del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, conv. con mod. dalla L.  11 settembre 2020, n. 120) la telematica assurge, infatti, a modalità ordinaria di azione non solo nei rapporti tra pubbliche amministrazioni, ma anche tra queste e i privati nell’ambito del procedimento amministrativo, rappresentando lo strumento preferenziale di esercizio dei diritti e delle facoltà procedimentali che le amministrazioni sono tenute per legge ad incentivare e che conserva, anche nella particolare declinazione procedimentale, i connotati di un diritto del cittadino.

Con riferimento al caso di specie, dunque, rileva il Collegio che “siffatto diritto del cittadino verrebbe svuotato di contenuto ove si facessero gravare sul mittente le conseguenze del malfunzionamento del sistema per fatto imputabile al soggetto pubblico che non ne abbia curato l’uso diligente in violazione degli obblighi di legge sopra indicati, come accade nel caso di mancata consegna della comunicazione per saturazione della casella pec dell’amministrazione”. Proprio allo scopo di munire di effettività il diritto all’uso della telematica, infatti, l’art. 6 del CAD introduce una presunzione iuris tantum di consegna delle comunicazioni rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo. Detta presunzione legale, precisa il Consiglio di Stato, “esclude qualsivoglia indagine in ordine all’effettiva conoscenza o conoscibilità della mancata recezione, facendo gravare sul destinatario le conseguenze dell’uso non diligente della casella, tenuto conto che la causa del malfunzionamento rientra nella sfera di controllo di quest’ultimo e non del mittente, secondo un criterio razionale di ripartizione dei rischi connessi all’uso delle tecnologie in questione”.

Consiglio di Stato – Sezione II  – sentenza del 6 febbraio 2023, n. 1211