I sistemi hardware installati sui “veicoli intelligenti”: complementarità e ridondanza come strumenti tecnici per consentire il passaggio del controllo legale del mezzo dalla persona fisica alla macchina. (Radar, Lidar, Drive by Wire).

di Stefano Pellegatta

 

 

 

I sistemi di assistenza alla guida sono strumenti tecnologici che coadiuvano il guidatore nella conduzione del veicolo e, a certe condizioni, sono in grado di sostituirsi ad esso[1], di pari passo con il raggiungimento dei più elevati livelli di automazione secondo la più diffusa e autorevole classificazione tecnica, proposta dalla Society of Automotive Engineers (SAE)[2]

Gli ADAS costituiscono così dei veri e propri “computer” installati sul veicolo, deputati a svolgere ciascuno un compito peculiare. Proprio come veri e propri elaboratori informatici, essi sono formati da una struttura hardware e software che consenta al veicolo di apprezzare i dati provenienti dall’esterno, di processarli e di assumere decisioni[3].

Anzitutto i sistemi si compongono di strumenti fisici in grado di percepire l’ambiente circostante ed elaborarne i dati. All’esito di tale processo, il dispositivo compie azioni che hanno un impatto fisico sul veicolo. Il processo è il medesimo sia che si tratti di un assistente più o meno avanzato. Ad esempio, nel sistema ABS – che assume una particolare rilevanza, trattandosi di uno dei primi sistemi ADAS di natura elettronica installato sui veicoli – alcuni sensori monitorano la velocità di rotazione e il blocco della singola ruota in frenata: quando certi parametri vengono superati, un ulteriore meccanismo agisce sul freno alternando brevi pinzate a rilascio (a intervalli di millisecondi) e ciò basta a impedire il bloccaggio della ruota pur consentendo la frenata. Dunque, sensori e meccanismi in grado di intervenire fisicamente sul veicolo sono fondamentali[4].

La stessa struttura è ravvisabile anche negli strumenti più avanzati di guida assistita e autonoma: affinché la macchina possa circolare senza intervento umano è necessario, infatti, che possa percepire il contesto in cui si trovi ad operare. Proprio per questo motivo è richiesta l’installazione di componenti che consentano alla medesima di “vedere” l’ambiente stradale e di interagire con esso.

I dati raccolti attraverso i sensori vengono poi elaborati da un computer che deve avere potenza di calcolo sufficiente per effettuare molteplici operazioni in tempi rapidissimi, così da poter compiere le scelte (di guida) adeguate. Una volta assunta la decisione, il sistema si completa però di ulteriori meccanismi che vanno a incidere fisicamente sul controllo del veicolo[5]: vi potrà essere un dispositivo che aziona la frenata, ruota il volante, attiva un allarme, arresta il veicolo o addirittura lo fa accelerare o cambiare direzione. Tali operazioni risultano ormai facilitate dall’adozione sempre più generalizzata di comandi by wire: con la nuova struttura dei comandi implementati sulle vetture sono infatti sufficienti impulsi elettrici e non meccanici per dirigere il veicolo[6].

In questo quadro si comprende come la componentistica sia fondamentale in quanto gli ADAS presuppongono l’installazione a bordo di dotazioni tecnologiche hardware assai evolute o, forse più correttamente, si compongono in primo luogo di dispositivi “fisici”[7]. Questa premessa assume rilevanza per determinare i soggetti coinvolti nella “conduzione” del veicolo quando il sistema di guida autonoma sia attivato: è chiaro, infatti, che potenzialmente ai produttori di sistemi hardware potrà essere ascritta una responsabilità in caso di failure del medesimo[8].

La complessità della dotazione tecnologica pone però rilevanti implicazioni, suscettibili di avere un impatto anche nel processo di accertamento di eventuali responsabilità giuridiche. I veicoli intelligenti sono dotati di una pluralità di sensori. Anzitutto rilevatori di distanza, già utilizzati da lungo tempo, poi telecamere, in grado di percepire l’ambiente esterno e di assumere informazioni rilevanti per la conduzione del veicolo. Negli ultimi anni si sono poi diffusi sistemi radar, in grado di gestire più accuratamente la marcia della vettura, e via via perfezionati così da permettere allo stesso di avere un quadro sempre più preciso dell’ambiente circostante. Infine, sono state introdotte tecnologie laser (c.d. lidar) che consentono un ulteriore avanzamento della precisione della capacità di visione del mezzo. Tali dispositivi lavorano insieme e in sinergia, essendo quasi sempre installati cumulativamente sul veicolo: questo aspetto è centrale perché la combinazione dei vari dati appresi dai diversi strumenti (quasi fossero dei simulacri dei cinque sensi) realizza una complementarità che rende la percezione più accurata. In condizioni ordinarie, tale cumulo determina addirittura una ridondanza che viene però coscientemente perseguita[9].

Ciò che si vuole evidenziare è che, in situazioni normali, addirittura sarebbero sufficienti anche meno sensori di quelli effettivamente installati (ad esempio il sistema di guida automatica potrebbe funzionare anche solo attraverso le telecamere senza bisogno del radar), tuttavia questa duplicazione di sistemi consente al veicolo di operare anche in caso di anomalia, malfunzionamento o impossibilità di funzionamento di uno di tali strumenti[10].

Si coglie da subito come questa scelta tecnica e strutturale sia in realtà decisiva anche per le implicazioni legali: avere infatti installato a bordo uno strumento di guida automatica che può operare anche laddove si determini una parziale anomalia è ciò che rende possibile il passaggio del controllo del veicolo dall’uomo al sistema stesso (rectius: ai sistemi stessi). Attraverso questa struttura lo strumento è in grado – almeno entro certi limiti – di supervisionare sé stesso e di gestire e contenere il malfunzionamento che dovesse verificarsi.

[1] Cfr. Gaeta, Automazione e responsabilità civile automobilistica, in Resp. civ. prev., 2016, 5, p. 1725 ss.; Pellegatta, Automazione nel settore “automotive”: profili di responsabilità civile, in Contratto e Impresa, fasc. 4, 2019, p. 1418 ss.. Per un approfondimento del regime di responsabilità in presenza di sistemi di guida assistita e autonoma cfr. Albanese, La responsabilità civile per i danni da circolazione di veicoli ad elevata automazione, in Europa e Diritto Privato, fasc. 4, 2019, p. 995 ss.

[2] Cfr. https://www.sae.org. In argomento, oltre ai contributi già richiamati si veda Calabresi – Al Mureden, Driverless cars, Intelligenza artificiale e futuro della mobilità, Il Mulino, 2021, pp. 96 ss. e 148 ss..

[3] Per affrontare al meglio i problemi che il veicolo autonomo pone nel sistema giuridico e individuare soluzioni efficienti per la regolamentazione del fenomeno e delle sue potenziali criticità appare imprescindibile una esatta comprensione del funzionamento tecnico degli strumenti di guida assistita e automatica. Sulla duplicità di struttura dei medesimi, riferita nel testo, cfr. espressamente l’art. 1 della Convenzione di Vienna che definisce il “sistema di guida autonoma” come “un dispositivo costituito da elementi hardware e software capace di assicurare senza soluzione di continuità il controllo dinamico di un veicolo”. Anche l’art. 1, lett. g) del c.d. “Decreto Smart Roads” riconosce la bipartizione tra “sensori di vario tipo” e software. In termini generali, per un approfondimento relativo ai principali contenuti di questo provvedimento si veda Cerini – Pisani Tedesco (a cura di), Smart mobility, smart cars e intelligenza artificiale: responsabilità e prospettive, Giappichelli, 2019.

[4] Osservazioni analoghe, peraltro, potrebbero essere riferite anche ai sistemi più semplici, che si limitino, ad esempio, a fornire un avviso al conducente. Si pensi ad esempio all’avviso di superamento di corsia: anch’esso si compone di sensori hardware e di un elaboratore dei dati che, sulla base dei parametri inseriti (e dunque del software installato che fornisce le istruzioni alla macchina), mostra un avviso al conducente – solitamente attraverso un segnale luminoso o la vibrazione del volante – ove superi la delimitazione della corsia, indicata dalla segnaletica orizzontale, senza aver previamente attivato l’indicatore di direzione. In queste situazioni manca invece l’attuazione diretta di un comando sul veicolo, in quanto il dispositivo si limita a segnalare al conducente la problematica.

[5] Nell’ambito delle “tecnologie di guida automatica”, il “Decreto Smart Roads” include significativamente anche i “componenti per l’integrazione con il veicolo tradizionale” che rientrano tra i sistemi hardware. Cfr. ancora, art. 1, lett. g).

[6] Si tratta di una tecnologia di per sé indipendente dalla guida autonoma, ma che risulta perfettamente in sinergia con l’evoluzione dei sistemi ADAS. Attraverso la tecnologia “by wire” gli elementi che mettono in relazione i componenti meccanici del veicolo con i relativi comandi non sono più collegamenti meccanici e fisici, ma vengono sostituiti da cavi elettrici. Attraverso questa nuova tecnologia i comandi traducono il segnale in impulsi elettronici, che vengono poi trasmessi all’organo di competenza: ad esempio il pedale del freno non è più fisicamente connesso ai componenti del sistema frenante, ma la pressione esercitata viene trasformata in un comando elettrico e la sensazione di resistenza percepita sul pedale è una simulazione del feedback fornito dal comando manuale. Ancora, attraverso tecnologie in fase di implementazione, lo sterzo, che già oggi è coadiuvato da comandi elettrici, potrà essere controllato da un comando totalmente elettrico e dunque, astrattamente, non richiedere più neppure l’installazione del relativo piantone. Si noti che già oggi, con gli strumenti di guida assistita, la macchina è in grado di controllare da sé lo sterzo, ma essa può farlo proprio “motorizzando” il volante che quindi viene controllato e ruotato direttamente dalla macchina. Con l’implementazione del sistema by wire anche per lo sterzo non occorrerà più neppure che il sistema di guida assistita o autonoma ruoti fisicamente il piantone attraverso l’uso di piccoli motori dedicati come avviene attualmente: esso, invece, potrà agire con un comando elettrico direttamente sul controllo delle ruote. Si noti che l’eliminazione del piantone (e del relativo collegamento fisico tra ruote e volante) potrà altresì contribuire all’incremento della sicurezza passiva del veicolo. E’ evidente che se tutti i comandi che richiedono uno sforzo fisico sono sostituiti da comandi governati da impulsi elettrici si facilita la via della gestione integrale del veicolo da parte del sistema automatico perché esso non deve più essere in grado di attuare comandi fisici (cioè di esercitare una forza sul volante o sul freno, inevitabilmente attraverso strumenti meccanici ulteriori in grado di esercitare materialmente tali pressioni) ma riesce a ottenere il medesimo effetto semplicemente inviando impulsi elettronici direttamente dal computer che gestisce la guida automatizzata ai componenti dell’auto. Si determina così il passaggio da comando meccanico a comando elettrico, progressivamente esteso a tutti gli aspetti del veicolo.

[7] Il costo elevato dei veicoli intelligenti discende proprio dalla necessità di installare sui medesimi una cospicua dotazione di sistemi hardware che incidono sul prezzo finale. Tale correlazione è emersa con chiarezza con l’adozione del Regolamento (UE) 2019/2144. La carenza di componenti che caratterizza il momento attuale (a seguito della pandemia COVID-19 e dei recenti eventi bellici) sta avendo un forte impatto sul settore automotive, determinando frequentemente il rallentamento ovvero la sospensione della produzione di taluni modelli. In altri casi i costruttori, pur di mantenere il regime produttivo e il volume di consegne, optano per la riduzione dei sistemi tecnologici in dotazione (di serie o opzionale) su specifici modelli, solitamente a fronte di una riduzione di prezzo al fine di mitigare il disagio per l’acquirente.

[8] Tali soggetti sono quindi sicuramente coinvolti nel processo di gestione automatica del veicolo che è possibile proprio a partire dai “sensori” e dai “componenti per l’integrazione con il veicolo tradizionale”.

[9] In argomento cfr. Lenz – Winner – Gerdes – Maurer, Autonomous Driving: Technical, Legal and Social Aspects, Springer Berlin Heidelberg, 2016, p. 420 e Herrmann – Brenner – Stadler, Autonomous Driving: how the driverless revolution will change the world, Emerald Publishing Ltd., 2018, p. 122.

[10] Ad esempio, i sistemi radar, caratterizzati dall’uso delle più tradizionali onde radio, risultano generalmente più affidabili ma meno precisi dei lidar. Al contempo i primi hanno un raggio di rilevamento degli ostacoli mediamente più esteso dei secondi. D’altro canto, i sistemi lidar, per quanto più costosi e precisi a livello di definizione e comprensione dell’ambiente, inviano e ricevono onde luminose per valutare la distanza degli oggetti nello spazio e proprio per questo sono più sensibili al verificarsi di condizioni meteo avverse come pioggia o nebbia. Il maltempo, infatti, può manipolare il modo in cui la luce viaggia e viene percepita dal sensore, impattando così sul funzionamento del sistema. Peraltro, pur garantendo una precisione maggiore dei radar, i lidar hanno una portata di funzionamento inferiore e quindi, rispetto ai radar, percepiscono gli oggetti solo quando sono più vicini. Già da queste brevi osservazioni si comprende come la soluzione migliore sia quindi la combinazione di differenti sistemi in funzione di garanzia e ancor prima di migliore percezione dell’ambiente esterno.